Sono nate nuove regole per chi vende i propri oggetti online e molti non sanno che rischiano sanzioni salatissime.
Esistono numerose piattaforme, oggi, in cui si possono vendere oggetti usati, o che non interessano più: eBay, Vinted, Amazon, estiaire Collective e Wallapop, tanto per citare quelle più famose, e sicuramente tutti almeno una volta nella vita le hanno sfruttate per liberarsi di articoli inutilizzati.
Tra l’altro gli oggetti vintage vanno molto di moda, e lo stesso dicasi per i libri usati, i capi d’abbigliamento, le collezioni… Gli scambi tra i privati, grazie a queste piattaforme, sono molto semplici e sicuri, e chi le ha utilizzate sa che a volte si può anche guadagnare qualche soldo extra in modo facile.
Ma adesso le cose sono cambiate perché l’UE ha varato un nuovo regolamento: chi non lo rispetta va incontro a sanzioni pesantissime e a ripercussioni di non poco conto. L’obiettivo ufficiale è quello di combattere l’evasione fiscale, ma analizzando bene la nuova normativa sorge qualche dubbio. Sembra si voglia penalizzare qualsiasi forma di guadagno minimo, nonostante sia chiaro che i “mercatini dell’usato” sono utili persino a livello di impatto ambientale. Ma andiamo a scoprire cosa sta succedendo e a cosa bisogna stare attenti.
Hai venduto qualche oggetto usato online? Fai bene i conti perché potresti ricevere una brutta sorpresa
Una recente Legge rischia di penalizzare tutti coloro che amano vendere oggetti usati online, perché l’UE ha stabilito limiti molto stringenti. Anche chi non ha quindi un’attività commerciale ma vende occasionalmente rischia di doversi confrontare col Fisco, e questo a causa della “Direttiva Europea Dac7”.
La direttiva in questione è recente, e va a limitare, di fatto, la vendita occasionale di oggetti usati o articoli di proprietà privata. La normativa prevede l’obbligo da parte delle piattaforme adibite a questo tipo di “business” di comunicare al Fisco i dati dei venditori, compreso l’Iban.
Il soggetto che si iscrive alle piattaforme sopra citate, come eBay, Vinted eccetera, dovrà compilare un modulo e fornire tutti i dati richiesti. Potrà vendere i propri oggetti “liberamente”, ma entro certi limiti: 30 vendite e/o 2000 euro di ricavi. Superata questa soglia, il venditore privato è considerato al pari di un’attività commerciale e deve quindi aprire la Partita Iva, pagare oneri e tasse e tutto ciò che è previsto dalle normative attuali. Il limite, com’è intuibile, è molto basso, e soprattutto molto distante dai 5 mila euro previsti per chi effettua prestazioni professionali occasionali. Non resta dunque che recepire queste nuove regole e fare molta attenzione ai ricavi delle vendite di oggetti privati, perché si rischiano sanzioni e controlli da parte dell’Agenzia delle Entrate.